La gente non “googla” più. Ora chiede alle AI. Sembra un’esagerazione? Guardiamo i segnali: il classico mondo dei “10 link blu” nei risultati di Google sta lasciando spazio a risposte dirette generate dall’AIlinkedin.com. Secondo Gartner, entro il 2026 il volume di ricerche tradizionali potrebbe calare del 25%, mentre il traffico organico verso i siti potrebbe dimezzarsilinkedin.com. Già oggi oltre il 65% delle query Google non porta ad alcun cliclinkedin.com: l’utente trova subito ciò che gli serve in uno snippet o risposta automatica. È un cambiamento epocale nel comportamento online – e sta avvenendo ora, sotto i nostri occhi.

SEO in crisi, traffico organico in caduta libera

Per chi si occupa di content marketing, le implicazioni sono profonde. L’SEO tradizionale – quella su cui abbiamo costruito strategie per anni – è in pieno terremoto. Se gli utenti ottengono risposte immediate dalle AI, chi visiterà ancora i nostri blog e siti? Le vecchie tattiche di posizionamento sui motori di ricerca stanno perdendo efficacia. I modelli di traffico organico a cui eravamo abituati sono destinati a cambiare radicalmente.

Alcuni dati fanno riflettere: l’AI generativa sta silenziosamente sconvolgendo i business dei grandi siti di contenuti. Piattaforme un tempo dipendenti dalla SEO come WebMD, G2, Chegg stanno vedendo crolli di traffico, perché ora chatbot e ricerche AI forniscono subito risposte senza bisogno di cliccare pagineelenaverna.com. In altre parole, se un tempo il nostro obiettivo era “farsi trovare su Google”, oggi rischiamo di non venire più trovati affatto – perché la risposta dell’AI bypassa la visita al sito.

Esempi concreti del grande shift

  • G2 (piattaforma di recensioni software): ha perso una fetta enorme del suo traffico SEO, si parla di circa -80% dal 2023 ad oggilinkedin.com. Il motivo? Gran parte del suo contenuto è generato in modo programmatico e poco “digeribile” per le AI, che raramente lo citano nelle rispostelinkedin.com.

  • HubSpot (marketing & sales blog leader) e Canva (graphic design): anche i grandi del content marketing non sono immuni. Negli ultimi mesi hanno visto cali impressionanti del traffico organico (fino al 70–80% in meno su certe query informazionali)linkedin.com. I loro articoli pieni di definizioni e guide generiche – un tempo ottimi per attirare visitatori via Google – ora vengono sostituiti da una risposta sintetica dell’assistente AIlinkedin.com.

  • Stack Overflow (Q&A per sviluppatori): un caso emblematico. Con l’avvento di ChatGPT, sempre meno programmatori sentono il bisogno di cercare soluzioni sul forum. Le nuove domande postate sono crollate di ~60% anno su annodevelopers.slashdot.org, e il traffico complessivo è calato di oltre la metàlinkedin.com. L’ironia? ChatGPT è stato addestrato anche con i contenuti di Stack Overflow… e ora gli sta rubando scena e utenti.

Nel frattempo, emergono i vincitori della rivoluzione: startup e creator “AI-first” che cavalcano il nuovo modo di cercare informazioni. Chi nasce ottimizzato per le AI può farsi notare più facilmente. Ad esempio, una startup come StackAI – nata nell’era dell’AI generativa – ottiene visibilità perché i suoi contenuti/servizi sono pensati per essere fruiti direttamente via assistenti conversazionali. Quando un utente fa una domanda all’AI, queste nuove realtà compaiono tra le soluzioni, senza passare dal vecchio ranking di Google.

Dalla SEO all’AIO: ottimizzare per gli assistenti AI

Come ci si adatta a questo nuovo scenario? In molti iniziano a parlare di AIO (AI Optimization), l’ottimizzazione per i modelli di AI e gli assistenti conversazionali – in pratica, il “nuovo SEO”linkedin.com. La logica è semplice: così come abbiamo imparato a compiacere l’algoritmo di Google, ora dobbiamo fare lo stesso con gli algoritmi delle AIlinkedin.com. Significa rendere i nostri contenuti facilmente trovabili, interpretabili e citabili dalle intelligenze artificiali nelle loro risposte.

In concreto, l’AIO spinge a creare contenuti a misura di AI, senza ovviamente perdere di vista la fruibilità umana. Esempi: usare dati strutturati (schema, markup) e sezioni ben organizzate, con titoli chiari, elenchi puntati, tabelle e FAQ che aiutano le AI a estrarre informazionilinkedin.com. Un assistente AI non “naviga” tra dieci pagine per costruire una risposta: tenderà a pescare tutto da una fonte che reputa completa e affidabile. Quindi i nostri contenuti devono anticipare le domande e fornire direttamente le risposte, il più possibile in modo auto-contenutolinkedin.com.

Non solo: conta l’autorevolezza. I modelli AI attingono a fonti che ritengono affidabili e di qualità. Avere contenuti approfonditi, con dati originali, citazioni di esperti, backlink autorevoli, può fare la differenza nel farci scegliere dall’AI come fonte da includerelinkedin.com. In altre parole, essere riconosciuti come voce competente su un certo tema aumenta le chance che l’AI “si fidi” di noi e ci porti nell’unica risposta mostrata all’utente.

Uno scenario provocatorio – e una chiamata all’evoluzione

Tutto questo dipinge uno scenario affascinante e un po’ inquietante. La SEO per come l’abbiamo conosciuta sta attraversando la sua crisi più profonda. Ma non è la fine del content marketing – è una trasformazione. Probabilmente vedremo emergere nuove pratiche, nuovi KPI (ad esempio: quanto spesso i nostri contenuti vengono citati dalle AI?), nuovi canali di distribuzione. Già oggi, chi crea contenuti deve iniziare a farsi questa domanda: “Il mio contenuto è AI-friendly?”.

Forse la chiave sarà tornare all’essenza: produrre contenuti di valore reale, originali, umani. Paradossalmente, l’avvento dell’AI rende ancora più cruciale ciò che un algoritmo non può generare da sé: creatività, esperienze vissute, opinioni autentiche, empatia. Se negli anni passati molti di noi hanno inseguito i trucchi dell’algoritmo (parole chiave ripetute, backlink forzati, ecc.), oggi l’AI ci costringe a alzare l’asticella. Come ha notato qualcuno, per avere successo nella SEO di oggi bisogna focalizzarsi su ciò che l’AI non è in grado di risponderelinkedin.com – il che spesso coincide con contenuti più originali e profondi.

Siamo di fronte a un cambiamento di paradigma. Chi lavora nel marketing e nella comunicazione dovrà adattarsi rapidamente: pensare in ottica AIO, sperimentare nuovi approcci e forse rivedere da zero la propria strategia di content. Non è un cambiamento semplice, ma ignorarlo non è un’opzione. L’AI non scomparirà; anzi, sarà sempre più la prima interlocutrice del nostro pubblico. Sta a noi fare in modo che la nostra voce venga ascoltata anche in quel nuovo contesto. È una sfida aperta, che richiede menti aperte. E in fondo, è un’opportunità per ripensare quello che facciamo ogni giorno con uno sguardo fresco. La conversazione è appena iniziata – e riguarda tutti noi.

(💡 Pensi anche tu che stiamo assistendo alla fine dell’era Google per come la conosciamo? Come ti stai preparando a questo shift?) 

Davide Faranda

Digital Marketing Manager